Sebbene sembra che il momento più drammatico della pandemia sia alle spalle, la preoccupazione e le paure non ci hanno abbandonato del tutto. Un po’ per portare leggerezza e un po’ per raccontare la sua esperienza, la giornalista Francesca Monti, direttrice della testata giornalistica Spettacolo Musica Sport - Quotidiano, ha pubblicato il libro “Interviste ai tempi del lockdown”, disponibile su Amazon.
Dopo averlo letto, ho deciso di scambiare due chiacchiere con Francesca per sapere qualche dettaglio in più sulla realizzazione e parlare della situazione attuale nel mondo dello sport e della cultura.
Ciao Francesca, io e te ci conosciamo da lungo tempo, quindi mi preme innanzitutto farti i complimenti per i risultati fantastici che sta ottenendo il tuo libro “Interviste ai tempi del lockdown”. Ti va di parlarci della genesi del tuo libro?
Ciao Claudia, ti ringrazio per l’interesse verso il mio libro. L’idea di realizzare “Interviste ai tempi del lockdown” è nata a fine aprile. Durante la quarantena ho continuato a intervistare personaggi della tv, del cinema, dello sport, della musica per parlare dei progetti in uscita, ma anche per condividere le loro sensazioni ed emozioni donando ai lettori qualche momento di svago. Poi ho scelto ventisette tra le circa sessanta chiacchierate realizzate con gli artisti, aggiungendo alcune mie riflessioni scritte nel corso degli ultimi mesi, decidendo infine di destinare una parte dei proventi delle vendite in beneficenza.
Un aspetto che ho apprezzato tantissimo del tuo libro, oltre alle domande interessanti delle tue interviste, è senza dubbio la scelta di mettere anche delle riflessioni scaturite dalla tua esperienza di lockdown (essendo tu lombarda, come me, hai vissuto il tutto dall’inizio). Volevo sapere se queste tue riflessioni sono nate in momenti diversi rispetto al libro e se ti hanno aiutato ad affrontare meglio il momento.
Durante i mesi del lockdown mi sono trovata spesso, soprattutto di sera, a pensare a quello che stava accadendo in Italia e nel mondo e a come in un istante tutto possa cambiare, stravolgendo le nostre vite. Così ho iniziato a mettere nero su bianco riflessioni ed emozioni sotto forma di note scritte sul pc o sul cellulare che in un secondo momento ho pensato di aggiungere al libro, intervallandole alle interviste, come se fosse una sorta di diario.
Hai intervistato tantissimi cantanti, sportivi e attori nel corso della tua carriera. Hai notato un cambiamento, nell’affrontare le domande di un’intervista, da parte loro durante la pandemia?
Sono cambiate sicuramente le sensazioni che gli artisti hanno vissuto, come tutti noi, nel corso delle varie fasi della pandemia, passando dall’incredulità e dallo spaesamento per quello che stava accadendo alla paura per un futuro molto incerto, fino alla speranza di un lento ritorno alla normalità, con le necessarie misure di sicurezza. In generale non ho notato invece un cambiamento nell’affrontare le domande delle interviste.
Tra le 27 interviste selezionate per la stesura del libro ce n’è qualcuna che ti è rimasta particolarmente nel cuore e nella mente? Se sì ti va di spiegarne la motivazione?
Non saprei scegliere un personaggio in particolare. Sono molto felice di aver avuto la possibilità di ascoltare storie, ricordi, emozioni, sensazioni diverse raccontate da attori, attrici, cantanti, sportivi, che sono innanzitutto persone di grande caratura umana. Ogni intervista è stata speciale perché c’è stato uno scambio reciproco di impressioni e riflessioni in un periodo così particolare e difficile per tutti noi. Vedere questa umanità e disponibilità da parte di artisti importanti mi ha colpito molto.
Come abbiamo già detto, tu sei una giornalista che si occupa di musica, sport e spettacolo. Hai notato se, in questi tre macrosettori, l’esperienza del coronavirus ha causato un impatto diversificato o se, al contrario, è stato gestito allo stesso modo?
La pandemia ha causato danni e problemi a tutti e tre i macrosettori che sono stati costretti a fermarsi. La musica, il cinema e il teatro sono stati colpiti pesantemente con la cancellazione o il rinvio di spettacoli, concerti, festival in programma e il blocco per diversi mesi delle riprese di film, serie tv e soap. Questo ha creato parecchie difficoltà a tutta la filiera produttiva e in particolare alle tantissime persone che lavorano dietro le quinte (macchinisti, operai, scenografi, tecnici, sceneggiatori, montatori, sarti ecc.) che vivono di questo lavoro e che si sono trovati senza stipendio. Anche lo sport ha subito un lungo stop con la chiusura anticipata dei campionati di basket e volley, con la cancellazione di parecchi tornei, con il rinvio di un anno degli Europei di calcio maschili e femminili e delle Olimpiadi di Tokyo 2020. L’impatto è stato sicuramente molto forte, in particolare per le realtà sportive dilettantistiche o con meno capitali a disposizione.
Hai deciso di devolvere tutti i proventi del tuo libro, acquistabile su Amazon, alla Protezione Civile e alla raccolta per l’ex maratoneta Vincenza Sicari. Ti va di raccontare brevemente la sua vicenda, per chi ancora non la conoscesse?
Vincenza Sicari è un’ex maratoneta azzurra, ha 41 anni ed è arrivata ventinovesima alle Olimpiadi di Pechino 2008. Negli ultimi cinque anni ha girato oltre 30 ospedali italiani, paralizzata dal tronco in giù per una malattia degenerativa neuromuscolare mai diagnosticata. Cinque anni passati da un nosocomio all’altro, senza una diagnosi, da alcuni medici addirittura è stata fatta passare per “malata psichiatrica”, nonostante la valutazione clinica effettuata dal Professor Mariani dell’Istituto Sacco di Milano abbia confermato l’esistenza di una malattia degenerativa.
Vincenza sta combattendo anche contro l’indifferenza delle istituzioni, in una maratona infinita in cui gli avversari sono, oltre alla malattia che la sta consumando ogni giorno di più, coloro che potrebbero aiutarla ma invece di approfondire il suo caso e trovare una soluzione le negano perfino il diritto ad essere curata. L’unica possibilità di salvezza è essere trasferita il prima possibile in una struttura adeguata in Italia o all’estero, dove possa essere sottoposta agli esami e alle cure idonee. Per questo motivo è stata aperta una raccolta fondi e ho ritenuto opportuno nel mio piccolo dare un contributo a questa causa.
Collabori per Il Popolo Veneto e hai fondato la testata SpettacoloMusicaSport Quotidiano. Com’è cambiato, durante il lockdown, il tuo lavoro di giornalista?
All’inizio del lockdown non sapevo quale fosse la strada più corretta da seguire, poi ho deciso di continuare a svolgere il mio lavoro di giornalista scrivendo articoli e realizzando interviste relative alla musica, allo sport e allo spettacolo ma cercando allo stesso tempo di dare risalto all’attualità, agli sviluppi della pandemia e alle lodevoli iniziative che sono state organizzate da artisti e associazioni per aiutare chi si trova in difficoltà. C’è stata una proficua collaborazione con gli uffici stampa che si sono mostrati tutti molto disponibili, ad eccezione di alcuni musicali che, come spesso accade, concedono interviste solo a un ristretto numero di testate o blog in base a criteri soggettivi.
Lo sport, gradualmente, sta ripartendo mentre la musica e il cinema, invece, sembrano andare più a rilento. Quale dei due approcci, secondo te, è più giusto? ** Credo sia stato giusto far ripartire le varie discipline sportive sempre rispettando le norme di sicurezza. E’ ricominciato il campionato di Serie A maschile anche se giocare senza pubblico è strano e si ripercuote sicuramente a livello emotivo sulle prestazioni delle squadre che già risentono dei tre mesi di inattività. E’ iniziato il Mondiale di Formula 1 e tra pochi giorni partirà anche il Motomondiale. Per quanto riguarda il cinema sono stati riaperti negli ultimi giorni diversi set di film e serie tv. Sicuramente è un’estate insolita, diversa, senza grandi concerti negli stadi, con pochi live in teatri o in spazi all’aperto con capienze di pubblico limitate, ma penso che piano piano ci sarà un’effettiva ripartenza in tutti i settori.
Qualche settimana fa è stata ventilata l’ipotesi di concerti e film in versione drive-in. Secondo te è fattibile come iniziativa?
Credo che il drive-in possa essere un’ipotesi interessante per quanto concerne i film, soprattutto se adottata nei mesi estivi. Sono invece un po’ scettica su questa soluzione per i concerti, in quanto sarebbe difficile per gli spettatori restare chiusi dentro un’auto e non poter saltare e vivere fino in fondo le emozioni che uno spettacolo dal vivo regala. Senza contare che i posti sarebbero comunque limitati e che la visione sarebbe problematica per chi è posizionato ad una certa distanza dal palco.
Nell’arco di questi mesi, più volte è stato detto che il settore della cultura non è stato aiutato come invece avrebbe dovuto. Cosa ne pensi?
Penso che il settore della cultura, che è stato pesantemente colpito dalla pandemia, non sia stato aiutato dalle istituzioni come avrebbe dovuto. L’Italia è un Paese che ha un patrimonio culturale ed artistico enorme e andrebbe valorizzato, purtroppo questo spesso non accade. La cultura, che costituisce il 16% del Pil del nostro Paese, da sempre svolge un ruolo importante e ne abbiamo avuto la dimostrazione anche nei mesi di lockdown in cui la musica, la tv, i libri, il cinema e il teatro, in streaming e attraverso le iniziative sui social, ci hanno tenuto compagnia e ci hanno permesso di alleggerire per qualche ora le lunghe giornate trascorse in casa. Quindi andrebbero presi dei provvedimenti concreti da parte delle istituzioni per aiutare la cultura e tutti coloro che lavorano in questo settore.
Come ultima domanda ti chiedo una previsione personale: come credi si evolverà la situazione di cinema e musica nei prossimi mesi?
Sono convinta che tra qualche mese la vita quotidiana tornerà gradualmente alla normalità e anche la musica e il cinema ripartiranno a pieno regime. La gente ha voglia di vedere i film nelle sale e di andare ai concerti come ha sempre fatto perché lo streaming può essere una soluzione alternativa ma lo spettacolo dal vivo è insostituibile.